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Magdala, la città di Maria Maddalena, crocevia della storia ebraica e cristiana

Gabriella Poli – Magdala – Una conferenza di Claudia Farina, che ha presentato il suo ultimo libro “Catari sul Garda. Maddalena l’apostola e il vescovo donna”, alla biblioteca di Villa Brunati a Rivoltella del Garda mi ha fatto ricordare di un viaggio fatto a Magdala, la città di Maria Maddalena, l’anno scorso e di un articolo scritto, ma mai pubblicato su Ars Artis. lo pubblico ora perché la mia amica Claudia mi ha ispirato ieri sera quando, parlando della figura della Maddalena, così venerata in molte culture, compreso quella Catara, e dai Templari, ho sentito nella mente e nel cuore un desiderio di approfondimento sull’apostola. Del libro di Claudia, naturalmente, scriverò a parte. 

“Da una decina di giorni (maggio 2015 ndr) è venuta alla luce una piccola pala che gli Ebrei di 2000 fa usavano per il fuoco. E’ solo l’ultimo dei reperti che quotidianamente affiorano dalla terra che ricopre, dal primo secolo, Magdala, antico villaggio di pescatori sul lago di Tiberiade, centro commerciale ittico denominato in greco Tarichea (pesce salato), alle pendici del monte Arbel.

Qui potresti mettere i piedi dove li ha messi Gesù 2000 anni fa”. Padre Timothy Meehan, un sacerdote americano, che si occupa del parco archeologico di Magdala, è emozionato come il giorno in cui, nel 2009, venne riportata alla luce la Sinagoga del primo secolo e in seguito le rovine della città.

Padre Timothy, dei Legionari di Cristo, ci accompagna nella visita dell’insediamento sulla riva occidentale del pescoso mare di Galilea, lungo la strada che collega Nazareth e Capernaum, probabilmente frequentato da Gesù durante i suoi spostamenti in Galilea. Magdala si trova, tra l’altro, lungo una delle articolazioni della Via Maris, nel cuore di una regione ricca di sorgenti e terre fertili.

Nel 68 d.C. – spiega – dopo la rivoluzione degli Ebrei contro i Romani, la conseguente uccisione o deportazione degli abitanti, i massi del villaggio distrutto e abbandonato vennero usati per costruire altrove e, un po’ più tardi, nel primo secolo, un’alluvione causò uno smottamento di terra dal monte Arbel, che ricoprì completamente le rovine della città, rimaste lì a un metro e mezzo sotto terra per 2000 anni”.

Dal 68 in poi – prosegue – non è dunque stato toccato più nulla fino a che non abbiamo iniziato a scavare. La datazione della città l’abbiamo fatta grazie alle oltre 2500 monete ritrovate: ce ne sono dall’anno 6 al 9, una è dell’anno 29, molte sono greche e testimoniano l’importanza del centro commerciale. La Sinagoga è nel punto estremo nord ovest e la città si estende fino al lago dove ci sono il cimitero e il porto. Sono state trovate case private lussuose con il bagno di purificazione privato, una ventina di negozi, lungo la strada principale, e il mercato”.

L’impianto della città è ordinato ed efficiente, organizzato perfettamente per l’attività commerciale e soprattutto per il pescato che veniva conservato fresco, per la vendita al dettaglio, in otto grandi vasche, oppure lavorato sotto sale ed esportato fino a Roma.

Tutto ciò che stiamo calpestando è del primo secolo, il tempo di Gesù. In Israele finora hanno trovato solo sette Sinagoghe di quell’epoca. Ma questa è l’unica con mosaici ed affreschi in stile romano di colore rosso pompeiano”.

Nel centro della Sinagoga è stato trovato il reperto che gli archeologi giudicano il più importante degli ultimi 50 anni: la cosiddetta “Magdala stone”, un blocco di pietra squadrata, la cui faccia superiore e i quattro lati sono ornati con rilievi. Sulla pietra è raffigurata una menorah con sette bracci, appoggiata su una base triangolare, fiancheggiata su entrambi i lati da anfore.

La direttrice dello scavo Dina Avshalom-Gorni affermava in occasione dell’inizio dei lavori nel 2009: “Siamo di fronte ad una scoperta unica ed eccezionale. È la prima volta che viene ritrovata la rappresentazione di una menorah risalente ai giorni del Secondo Tempio, cioè quando il tempio (erodiano) era ancora in piedi. Si può supporre che il bassorilievo che compare sul blocco di pietra rinvenuto, sia stato scolpito da un artista che doveva avere visto con i suoi occhi la menorah a sette bracci nel tempio a Gerusalemme”.

Secondo l’archeologa Rina Talgam, docente specializzata nell’arte del Vicino Oriente antico presso l’ Università Ebraica di Gerusalemme, la pietra aveva lo scopo di dare a questa Sinagoga un’aura sacra, che la rendeva, “come un tempio minore”, ad uso dei viaggiatori che attraversavano a piedi la Galilea.

È una pietra – prosegue padre Timothy – sulla quale probabilmente veniva posato un leggio per la torah. La pietra era coperta da una terra diversa e precedente rispetto a quella scesa dal monte Arbel durante l’alluvione. Questo fa pensare che gli abitanti l’avessero coperta durante la rivoluzione per celarla agli occhi dei conquistatori romani”.

Migdal (Magdala in aramaico), menzionata nelle fonti giudaiche, ebbe un ruolo importante durante la grande rivolta e fu sede del quartier generale di Yosef Ben Matityahu (Flavio Giuseppe) che guidò la resistenza contro i romani in Galilea. Magdala continuò a resistere anche dopo che Tiberiade e il resto della Galilea si erano arrese.

La città è menzionata anche nelle fonti cristiane come luogo di origine di Maria Maddalena, una delle donne che accompagnavano Gesù e gli apostoli e che la tradizione cristiana ha elevato a rango di santa. Dopo la conquista da parte dei romani, la città fu distrutta e molti dei suoi abitanti uccisi. Alla fine del periodo del Secondo Tempio Magdala era un centro amministrativo del bacino occidentale del Lago di Galilea. Fino alla fondazione di Tiberiade nel 19 d.C., fu l’unico insediamento importante lungo le coste del lago.

Una scoperta davvero eccezionale quindi quella avvenuta sette anni fa durante la realizzazione di un centro spirituale, un luogo dove i pellegrini potessero godere di alloggio sul mare di Galilea, proprio dove Gesù passò la maggior parte del suo ministero, chiamò i suoi discepoli e fece molti dei miracoli di cui si narra nelle Scritture.

Così almeno era nell’intento di padre Juan Solana, l’incaricato del Papa, già responsabile del Notre Dame Center di Gerusalemme.

Ma quando la costruzione del centro iniziò, (la prima pietra del Magdala Center ha ricevuto la benedizione di Benedetto XVI a Gerusalemme durante il suo viaggio nel 2009 in Terra Santa) nessuno avrebbe potuto immaginare quali meraviglie si celavano sotto terra.

Si reputa che quello ritrovato fino ad ora sia solo il 10% di quanto ancora si potrà scoprire.

Magdala è ora anche sede del bellissimo Duc in Altum, una luogo di preghiera e meditazione con un pulpito molto originale costituito da una barca la cui forma ricalca quella illustrata nel mosaico della Sinagoga.

Il progetto di Duc in Altum – scrive padre Solana, direttore di Magdala, nella presentazione dell’iniziativa – esalta la presenza delle donne nel Vangelo proprio nella città di Maria Magdalena, “donna tra le donne che seguivano Gesù e gli offrivano assistenza con i loro beni” (Luca 8,3)”.

La Chiesa, decorata da un gruppo di lavoro diretto dall’artista cilena Maria Jesus Ortiz de Fernandez, è composta da una navata principale con ampia vista sul lago di Tiberiade e da un grande atrio ottagonale, d’ispirazione bizantina, “Atrio delle donne”, su cui si affacciano quattro cappelle con mosaici raffiguranti episodi della vita pubblica di Gesù. Nelle due, verso il lago vediamo “Gesù che cammina sulle acque” e la “Chiamata dei primi apostoli”.

Delle altre due, orientate verso il villaggio e il monte Arbel, una è dedicata all’incontro con Maria Maddalena, l’altra alla resurrezione della figlia di Giairo.

I lavori di scavo proseguono ininterrottamente con i giovani volontari che a turno vengono a scavare. Il progetto definitivo, oltre all’espansione del magnifico Parco archeologico, prevede l’ultimazione di alloggi e di un ristorante per i pellegrini. A luglio agosto verranno studenti di archeologia dell’Università di città del Messico mentre a febbraio ci sono stati quelli del Cile” – conclude padre Timothy.

12/04/2016

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