Valentina Vangelisti – Da un paio di anni imperversa in tutte le reti televisive una moltitudine di campagne pubblicitarie per la raccolta di fondi da parte di associazioni “no profit”. Tutte queste associazioni sono regolarmente  iscritte ad un Albo che ne ufficializza l’esistenza ma non ne garantisce l’operato e quindi la serietà. Queste innumerevoli associazioni, che ci inondano di spot con la richiesta di denaro per finalità benefiche, si presentano come mezzi per dare aiuto a chi è meno fortunato di noi.

Sulle reti televisive passano immagini che parlano della ricerca per malattie rare, delle adozioni a distanza, del sostegno per i bimbi mal nutriti, delle malattie oculari, di alcuni animali in via di estinzione, delle vaccinazioni, di alimenti base, dei senza tetto e per tutto ciò si chiede un aiuto. E’ una richiesta infinita di denaro, donabile in molti modi: 9 o 10 Euro al mese, 5 o 8 per mille, 10 Euro una tantum e perfino il lascito testamentario. Il continuo bombardamento, dove le immagini che passano vengono presentate in ogni blocco pubblicitario e che cercano di fare leva sulla emotività delle persone convincendole a versare denaro, rischia di stancare lo spettatore che talvolta non è disposto a guardare questa mercificazione del dolore e può portare anche ad una strategia controproducente.

In mezzo a tutte queste associazioni, considerando anche gli alti costi che esse debbono sopportare per gli spot televisivi, sorge il dubbio che qualche mela marcia si approfitti della buona fede e della generosità di chi, seduto in casa davanti alla televisione, alla esposizione di queste tragedie, apra più facilmente il portafoglio. Recentemente si sono verificate brutte vicende ai danni di benefattori che, convinti di contribuire alla donazione a favore di un Ospedale, hanno acquistato prodotti ad un prezzo maggiorato più del doppio. Gli incassi sono invece finiti nelle tasche di personaggi “influenti” che hanno speculato sul dolore altrui. C’è stato l’intervento dell’Antitrust  che ha ritenuto tali soggetti responsabili di una campagna pubblicitaria ingannevole. Noi ci chiediamo anche  a chi spetta il controllo sulla serietà e sulla correttezza di queste richieste di denaro (prima del compimento del reato) e se i Media ed i Concessionari di pubblicità abbiano responsabilità giuridiche in caso di provato dolo.

Valentina Vangelisti


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