


Nelly Gastaldelli – Al rientro dall’Italia, avvenuto verso la metà del secondo settennio, papà mi portò in dono una bambola con il viso di ceramica e i capelli raccolti in lunghe trecce bionde, era alta 90 cm. quasi più grande di me.
Mi sentivo una bambina molto fortunata, e lo ero, il mio papi sapeva realizzare tutti i miei sogni.
Ci fu un evento che per la mia famiglia era il realizzarsi di un progetto grandioso ma, per me, fu drammatico: il lungo viaggio in transatlantico, 38 giorni su un enorme imbarcazione a più piani con piscine, ristoranti, teatri e altri passatempi.
Papà aveva raccolto tutta la nostra quotidianità in un container che viaggiava nel ventre della nave.
Per me furono 38 giorni di mal di mare e di digiuni alternati a malessere… . E ho detto tutto senza dilungarmi troppo.
Il viaggio fatidico terminò al porto di Genova e subito qualcuno ci accompagnò a Verona dove papà aveva preso la casa annessa al ristorante che avrebbe gestito con mamma.
Ricordo che lavoravano dall’alba al tramonto con sacrificio ma con grande passione.
Un giorno papà mi prese sulle ginocchia e dolcemente mi sussurrò all’orecchio che sarebbe arrivato un altro fratellino e lo avrebbero chiamato Carletto come lo zio disperso in Russia, io stupita risposi che mi bastava la bambola che mi aveva regalato, era lei mia sorella. Avevo 13 anni un ragazzina ingenua e felice.
La notte in cui papà mi svegliò per dirmi di fare la brava e di stare tranquilla mentre portava mamma in clinica mi sentii, per la prima volta, una bimba grande, la prima volta che rimanevo a casa sola.
Dopo una settimana mamma tornò a casa e mi mise fra le braccia un fagottino: un bambolotto in carne ed ossa.
La mia vita cambiò, non giocavo più con le bambole, non suonavo più il piano, non saltavo più con la corda, non andavo più sull’altalena, non facevo più i dispetti a mio fratello grande… ero diventata una “donnina”: mi occupavo con delizia del fratellino appena nato.





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