Sesta parte. (Le prime cinque puntate sono state pubblicate nei giorni scorsi il 3, 5, 9, 17, 21 settembre)

Lucio Matania – Alexander aveva capito dal primo istante che c’era qualcosa di strano.
Nel suo negozio entravano solo scacchisti o appassionati di scacchi, e quello sconosciuto non lo era sicuramente.
Appena varcato la soglia si era diretto verso di lui senza guardarsi attorno.
Chi entrava da lui era solito soffermarsi subito ad ammirare le prime vetrine piene di scacchi antichi, e fare gesti di stupore e ammirazione.
Inoltre, con un accento chiaramente slavo, aveva dichiarato di essere un amico di Drago.
Anche questo era improbabile: “Drago ha solo amici scacchisti” si era detto.
Quando aveva chiesto se avesse lasciato un pacchetto, immediatamente aveva capito di essere in grave pericolo.
Drago sarebbe arrivato tra un’oretta, pochi minuti dopo Liuba. Avrebbero fatto sicuramente una partitina assieme, o analizzato l’ultima loro partita del torneo.
Se Drago avesse voluto dare un pacchetto ad un amico, sarebbe bastato telefonargli e dargli un appuntamento qualsiasi, al limite anche al negozio, ma dopo un’oretta.
Non aveva senso.
“Telefoniamo a Drago” – aveva proposto.
“Non risponderà” – aveva detto lo sconosciuto, che si era girato verso la porta del negozio, e l’aveva richiusa a chiave!
E poi si era diretto verso lui. Con uno sguardo che gli fece gelare il sangue.
Già da tempo sospettava che Drago fosse invischiato in loschi traffici, ma era sempre stato gentile con Liuba, e ciò gli bastava.
Liuba sarebbe arrivata fra poco e non poteva esporla al pericolo, a qualsiasi costo.
In un lampo quel piccolo particolare, che fin’ora non aveva capito, fu chiaro.
Drago l’altra volta si era seduto al tavolino antico con la scacchiera intarsiata e aveva disposto gli scacchi aspettando Liuba per la partita. Come faceva sempre.
Il tavolino dondolava.
Drago aveva tolto dalle tasche un cartoncino, l’aveva piegato in quattro e l’aveva messo a mò di zeppa.
Strano, si era detto, il tavolino non dondolava neanche prima, la zeppa di cartoncino c’era sempre stata, l’aveva messa lui. Un episodio insignificante. Non ci aveva più pensato. Ma adesso tutto gli appariva logico.

Alexander aveva Liuba già impostata sul telefonino. Con un movimento fluido fece una foto alla gamba del tavolino e gliela la inoltrò, continuando il movimento e facendo finta di inquadrare lo sconosciuto, urlò: “se ne vada, chiamo la polizia, guardi che la fotografo”.
Lui con un salto atletico gli fu addosso.
Alexander cadendo frantumò apposta il telefonino contro lo spigolo della sedia in modo da renderlo inservibile, e lo usò anche come arma contundente.
Lottò senza speranza, con tutte le sue forze.
Forse grazie al suo sacrificio Liuba era salva, e questo era l’unica cosa che gli importava.
Avrebbe capito, ne era sicuro.
Morì con una “specie di sorriso”, come cantava il grande poeta De André.

continua…


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