

Valentina Vangelisti – L’11 febbraio scorso, prima fra tutte le Regioni che avevano tentato di legiferare sull’argomento, la Toscana ha approvato la Legge sul “suicidio assistito”, precedendo così l’iniziativa Parlamentare in una materia così critica e delicata tanto che è spesso difficile anche affrontarne la discussione.
Questa Legge Regionale elenca i requisiti per poter usufruire della procedura di assistenza al suicidio:
– 1) La persona deve essere tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale;
– 2) Deve trattarsi di una patologia irreversibile con presenza di sofferenze intollerabili;
– 3) La persona deve avere la capacità di prendere le sue decisioni liberamente e consapevolmente.
Il malato così potrà presentare una semplice domanda ad una Commissione Multidisciplinare composta da sei specialisti esperti in cure palliative, anestesisti, psicologi, ecc. Entro 10 giorni la Commissione dovrà definire le modalità con cui si concretizzerà il “fine Vita” scegliendo il farmaco che verrà fornito dalla ASL Regionale; il costo di questa procedura è a carico delle Istituzioni locali (per i prossimi 3 anni sono stati stanziati 30.000 Euro). Dopo altri 30 giorni la procedura dovrà essere completata con il supporto del Sistema Sanitario Regionale.
Una scaletta agghiacciante in quanto si parla di esseri umani e della loro vita. Si può dire che questo provvedimento, anche se parte dal principio di evitare il suicidio assistito nella clandestinità, è pericoloso.
Si profila una situazione che può portare al relativismo morale: oggi, nel mondo, si tenta di legalizzare crimini molto gravi come alcune campagne a favore della depenalizzazione della pedofilia.
La Legge nazionale sul “Fine vita”, in Italia à ferma da oltre cinque anni e la Regione Toscana, forzando la lentezza della macchina Statale e forte delle dieci mila firme raccolte con la petizione popolare, si è portata avanti in una materia così spinosa e delicata. E’ fonte di dubbio però sancire, in assenza di una Norma Nazionale, con una Legge Regionale, il diritto alla morte. E’ legittimo dubitare che la Regione abbia competenza a legiferare su questa materia; infatti la Costituzione riserva espressamente le materie dell’ordinamento civile e penale allo Stato (Art. 117, comma 2) e la disciplina del fine vita rientra in esse perché sia l’autodeterminazione del malato che la tutela della sua vita non possono essere regolate da Poteri locali. Di qui l’ombra della illegittimità di quella Legge Regionale per violazione di un ambito di competenza Legislativa dello Stato (vedi le Sentenze della Corte Costituzionale del 2019 e del 2024 dove ha invitato il Parlamento ad intervenire, ma non ha mai riconosciuto competenze Regionali al riguardo. Dopo i casi “Englaro, Welby, ecc., il tema è stato ampiamente dibattuto ai massimi livelli Giudiziari e nella Sentenza della Corte Costituzionale 242 del 2019 si afferma che “… è affidata alla coscienza del medico prestarsi o no ad esaudire la richiesta del malato”. Quindi nessuna richiesta è da ritenersi vincolante nei confronti dei medici per cui il malato non ha alcuna pretesa immediatamente esigibile. La vita umana è un valore assoluto, tutelato proprio dalla nostra Costituzione nell’Art. 2 ed esiste il diritto, altrettanto tutelato, ad essere realmente curati ed accompagnati nella malattia, insieme a quelle famiglie che per loro sventura sono coinvolte in queste tristi vicende.
Ci si stupisce molto del silenzio assordante che politica, società e stampa dedicano a questo tema fondamentale dell’esistenza e così inevitabilmente drammatico, che lacera le coscienze, il credere o non credere. Si è preferito mandarli in Svizzera a morire lavandosene Pilatescamente le mani, invece di potenziare l’assistenza ai pazienti in condizioni gravi ed alle loro famiglie. Uno Stato che ha davvero a cuore le persone e quindi anche chi è colpito dalla malattia, dovrebbe realmente moltiplicare le forze per portare loro sollievo e assistenza.
Dott.ssa Valentina Vangelisti – Laurea Magistrale in Diritto Canonico presso la Pontificia Università “Angelicum” di Roma





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