Valentina Vangelisti – Non passa giorno che la RAI, le TV private, la Stampa, i Social non mostrino i più efferati fatti di cronaca nera. Narrano sapientemente vicende di sparizioni, omicidi, violenze che, oltre al dolore provocano stupore, rabbia e grande morbosità per gli atti criminosi. I cittadini si stanno trasformando in investigatori e criminologi!  Basta passare da un mercato rionale: invece di parlare dell’aumento dei prezzi si sente parlare dell’ultimo omicidio soffermandosi sui suoi aspetti più crudeli. Pur riconoscendosi nella vittima, si continua a bramare di conoscere i particolari più terribili. E i mezzi di comunicazione non sono certo avari nel mostrare  ferite, sangue versato, tracce biologiche. Più volte al giorno si viene bombardati da queste informazioni delle quali, forse, sarebbe meglio fare a meno. I membri della comunità vogliono sapere chi è vivo, chi è morto, chi è stato derubato e da chi, in quali luoghi; le storie confezionate dai media creano paura, tengono il Paese col fiato sospeso, monopolizzano il dibattito social.

I recenti fatti di cronaca mostrano come queste barbarie vengono spesso trasformate dai media in un fenomeno di spettacolarizzazione che offende la persona  che ha perso la vita o che è stata violentata, rapinata, percossa. Pensiamo alla TV ed ai numerosi programmi  che trattano questi argomenti:  Blu notte, Storie maledette, Un giorno in Pretura, Amore criminale, Quarto grado,  tanto per citarne alcuni. Poi ci sono talk show che senza soluzioni di continuità presentano il conduttore che interagisce con ospiti più o meno “informati dei fatti” come amici, conoscenti, avvocati, tutti alla ricerca di visibilità. Offrono approfondimenti dei casi peggiori di cronaca nera. Per la maggior parte gli “approfondimenti” sono superficiali, ed hanno il potere di dividere la popolazione tra innocentisti e colpevolisti, portandola a puntare il dito contro uno o l’altro indiziato. Tutto ciò per fare audience distogliendo l’attenzione dei cittadini dai veri problemi che quotidianamente debbono affrontare (caro vita, stipendi e pensione da fame, sanità disastrosa).

Attualmente l’uso dei Social ha ingigantito il fenomeno della curiosità morbosa verso il noire; basta collegarsi a Facebook per vedere una valanga di post, fotografie, filmati cruenti che riguardano vari casi delittuosi. Una copertura mediatica molto pericolosa dato che sono frequentati in massa dai più giovani,  e possono generare in loro una specie di familiarizzazione con il crimine e portarli a fare propri modelli di vita sbagliati.

A tal proposito stiamo assistendo nelle  nostre città al dilagare di ogni tipo di violenza gratuita che viene filmata e diffusa come fosse un esempio da seguire. Un aspetto che non dobbiamo dimenticare è che si parla del Bene per eccellenza e cioè della vita di esseri umani strappata con violenza, del dolore delle loro famiglie e non si prende invece in considerazione il trauma che essi provano. Non c’è più un briciolo di rispetto per la vita di nessuno, grandi e piccoli, neppure di quei minori che rimangono soli dopo i troppi casi di femminicidio.

Sarebbe indispensabile che tutti, politica compresa, avessero una maggiore consapevolezza riguardo  ai rischi etici della spettacolarizzazione del male e un approccio più empatico e rispettoso per le vittime e le famiglie.


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