Valentina Vangelisti – Spotorno – Stiamo entrando nel pieno della stagione balneare e qualche giorno fa, sull’arenile di Spotorno, stranamente affollato per essere un giorno feriale, spiccava la presenza di un gruppo di circa 60 persone dall’evidente origine nordafricana. Si trattava di famiglie con numerosi bambini e ragazzi che hanno allestito due grandi gazebo, in barba ai regolamenti comunali che lo vietano. I ragazzini, incuranti dei bagnanti stesi al sole a godersi qualche ora di relax, scorrazzavano sulla spiaggia sollevando polveroni di sabbia, salendo anche sui teli distesi, infastidendo così i presenti. Superfluo dire che i genitori non sono mai intervenuti per censurare la maleducazione dei loro pargoli. Questi atteggiamenti possono essere inseriti nella classe della cattiva educazione e della mancanza di rispetto per gli altri che, purtroppo, ormai fanno parte della nostra decadente società. Ma l’indignazione sale per qualcosa per la nostra società, inaccettabile. Gli uomini di questo gruppo, di qualunque età, erano tutti in tenuta da spiaggia (calzoncini da bagno, boxer) e nuotavano scherzando fra di loro con atteggiamenti autoritari nei confronti delle donne. Loro tutte paludate sotto abiti lunghissimi, veli che ricoprivano il capo, scialli, generalmente di colore scuro, costrette a quasi 40 gradi, in uno dei giorni più  caldi dell’anno a subire quella che si può ritenere una tortura. Inoltre, c’erano alcune donne che indossavano il così detto “Burkini”, rigorosamente nero composto da un copricapo con una fascia che passando dalla fronte viene legato dietro la nuca (cuffia Hijad), poi una tunica lunga fino alle caviglie da cui spuntano lunghi pantaloni. Questo abbigliamento è di lycra (fibra sintetica di poliuretano).

Ci si chiede, avendo visto da vicino tutto ciò, dell’uguaglianza fra uomo e donna in certe società secondo i dettami dell’Islam. Sembra che anche gli abiti indossati in questa circostanza dalle donne confermi un simbolo di oppressione e di sudditanza nei confronti degli uomini (padri, mariti, fratelli, suoceri e cognati) e non si è per niente convinti che tutte lo facciano per loro libera scelta. Il modo di vestire nell’Islam  apre un mondo fatto di cronaca nera, dove si trovano innumerevoli denunce di donne costrette con la violenza, umiliazioni ed angherie ad indossare il velo ed i vestiti arabi che coprono interamente il corpo, E non solo, la cronaca nera riporta che si è arrivati perfino ad uccidere una figlia perché chiedeva semplicemente di vivere senza “Hijad” a coprirle i capelli. Così non si comprenderà mai la posizione di certi politici, specialmente donne, che difendono un simbolo di oppressione quale l’abbigliamento islamico, che viene invece spacciato come forma di libertà. Un esempio per tutti: l’Alto Rappresentante dell’Unione Europea per gli Affari Esteri, Federica Mogherini che si presentò velata alla cerimonia per la elezione del Presidente Iraniano.


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Una replica a “L’islam in spiaggia. Una tortura per le donne col burka o col burkini di plastica sotto il sole cocente”

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