Elena Miglioli – Il viaggio verso l’Istria culmina in un bosco dove il canto dei grilli ha lo stesso ritmo dei versi poetici. È un viaggio dentro di sé. In quella radura dell’anima che è grembo materno. E raccoglie tutti i silenzi dell’universo, le parole rimaste impigliate fra le labbra, le verità taciute. La foresta dei poeti – ‘Šumski pjesnici– sopra la gola di Butori, una manciata di chilometri da Grisignana, parla di epifanie. Lo fa soprattutto con il linguaggio muto degli alberi, delle stelle, del falò. Dei lumini disseminati lungo il sentiero per mostrare la strada ai poeti di varie nazionalità che da tre lustri partecipano, insieme a un pubblico nutrito, a questo evento magico. Nel segno di un ritorno necessario alla natura, di un dialogo fra l’ispirazione artistica e il verde che chiama. Scuote, interroga, risponde. Guarisce anche. Da qualcosa che forse nemmeno sappiamo.

Così ho scelto di rispondere all’invito della poetessa Maja Klaric, organizzatrice della manifestazione che ha avuto luogo in questo angolo silvestre il primo agosto. Le poesie, lette dagli autori nelle rispettive lingue d’origine, sono state accompagnate da due musicisti in punta di piedi. Quasi che nessuno strumento o voce umana osasse uscire da quel pianissimo perfetto, intonato da un’orchestra decisa a suonare senza bisogno del direttore.

A Grisignana, Grožnjan, conosciuta come ‘città degli artisti’, il tempo si è fermato al Medioevo. Anche nelle botteghe e gallerie della creatività, che spuntano agli angoli delle stradine di pietra, regna il silenzio interrotto solo da qualche nota jazz. Strascico della popolare rassegna che si è appena conclusa nell’arena del borgo e che per un giorno mi sono persa. Ma su suggerimento di un passante finisco per scoprire, nel tempo libero prima del ‘Šumski pjesnici’, qualcosa di più intimo. Quando la coperta del buio si stende sul manipolo di casette adagiate nel letto ondulato della collina, salendo le scale del ‘Truba bar’, si apre un notturno inaspettato: una jam session di giovani performer scalda la stanza al primo piano foderata di fotografie di grandi del jazz. Perché musica e poesia sono fatte della stessa sostanza. Dei sogni.

Il viaggio verso l’Istria e quel nostro sé così sfuggente e multiforme, come le nuvole che sembrano gonfiare il cielo estivo sospinte dal suono di una tromba invisibile, è partito da Trieste, città degli incanti. Ha incontrato gli spiriti immortali di Umberto Saba, James Joyce, Italo Svevo. Senza dimenticare quello di Rainer Maria Rilke, che aleggia sulle falesie di Duino, a venti minuti da lì. La porta a vetri della libreria antiquaria, per anni principale fonte di sostentamento del poeta triestino, dà accesso a un mondo di carta e legno che ha l’odore di una promessa per il destino della poesia.

Perché leggere e scrivere poesia? Con questa domanda mi approccia la giornalista di Tv Capodistria prima di dare avvio alle danze nel bosco dei poeti, tornando con il pensiero al grembo gravido di Butori. Perché la poesia ci rende immortali, rispondo io. Ci fa toccare l’infinito. E a proposito di infinito, dal monumentale Saba mi porto a casa la lezione più bella di questa avventura: “Qui tra la gente che viene e che va/dall’osteria alla casa o al lupanare, / dove son merci ed uomini il detrito di un gran porto di mare/ io ritrovo, passando, l’infinito/ nell’umiltà”.

L’AUTRICE
Elena Miglioli ha pubblicato i libri Di tanti palpiti (saggistica, 2025), Gli alberi lo sanno (poesie, 2024), Ho la parola sulla porta di casa (poesie, 2021), Non sono briciole (racconti, 2021), Spengo la sera a soffi (poesie, 2018, preceduta dall’omonima plaquette nel 2016), Rimango qui ancora un po’: storie di vita e segreti di longevità (saggistica, 2015, coautore Renato Bottura), La notte può attendere: lettere e storie di speranza nelle stanze della malattia terminale (saggistica, 2013). Giornalista, vive e lavora a Mantova come responsabile ufficio stampa e comunicazione dell’Azienda socio sanitaria territoriale. È fra gli organizzatori del Mantova Poesia-Festival Internazionale Virgilio.


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