
Antonio Treviglio – Peschiera del Garda – Venerdì 10 ottobre 2025, prima di partire per raggiungere mio fratello nella capitale dell’arte, Firenze, ho partecipato al corso di scrittura presieduto dalla direttrice dell’Accademia Ars Artis Gabriella Poli.
Dopo un bel pranzo, in una giornata di pieno sole, presso uno dei ristoranti che affacciano sul Lago di Garda, mi sono diretto, un po’ spaesato, nell’ex caserma di artiglieria di fronte alla Scuola Allievi Agenti di Polizia di Peschiera.
Dopo un breve sopralluogo, trovo finalmente la stanza dove si teneva la seconda lezione di scrittura. Ringraziando per l’affettuosa accoglienza da parte della direttrice Gabriella, Nelly e Liviana…, nuove compagne di corso, in perfetto orario prendo posto così da farmi riassumere di cosa si è trattato nella prima lezione alla quale sono purtroppo mancato, e subito mi faccio un’idea di cosa si intenda quando si parla di “scrittura”.
Il mio pensiero, ancor prima di sedermi a quel grande tavolo di legno era mirato principalmente a migliorare nel saper scrivere in maniera più formale, in vista del ruolo che voglio intraprendere all’interno del reparto della Polizia Stradale. Ma, le parole scambiate in questo incontro vanno ben oltre…
Comincio a capire che la scrittura non è soltanto qualcosa di “sistematico”, bensì un miscuglio di idee, pensieri positivi, negativi o dubbiosi e che svolge un ruolo positivo anche per il nostro equilibrio psicofisico.
Proprio durante questo scambio di idee generazionale, dove il principale argomento è stato il dialetto, intensifico quest’idea con le varie testimonianze di noi presenti.
Mi soffermo ad esempio il concetto di “tradizione” che nel tempo passato, quando gli spostamenti e i viaggi erano molto rari e difficoltosi sia per gli uomini che per le merci, dipendeva dal tempo meteorologico, o anche come l’intervento prezioso della segretaria dell’ANPS, Elisa, la quale ha dato un divertente e veritiero significato di “salire su al nord” e “scendere giù al sud”.
Principalmente sono stato affascinato dalla scoperta dal nuovo termine, che non mi è del tutto estraneo, il “vernacolo”, o meglio, un dialetto così stretto e forte allo stesso tempo da cambiare da paese a paese da frazione a frazione.
Con la spiegazione acquisita dal significato di questa parola, la mia testa e il mio cuore “scendono giù” nel mio paesino di 400 abitanti in provincia di Avellino, Salza, dove le “tradizioni” non cessano, anzi si propagano, in barba alla metereologia, ai trasporti più facilitati, alle importazioni di prodotti alimentari da altri paesi.
Finite queste due ore di lezione esco dalla stanza con l’entusiasmo di voler riassumere sul computer ciò che è stato il pomeriggio trascorso, pronto così ad essere presente alla prossima lezione formativa.






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