Lucio Matania – Avevamo un gatto. E il gatto aveva noi.
Era un batuffolino di pelo grigio, quando ci siamo conosciuti. Era solo e abbandonato, affamato, scheletrico, sul ciglio di una stradina in Sardegna. È sopravvissuto a uno svezzamento inadeguato, a un viaggio avventuroso, a una caduta dal terzo piano, a vari attacchi di animali selvatici. Era una molla, correva ad una velocità stupefacente e riusciva a cambiare direzione in corsa in modo repentino. Per questo avevamo deciso di chiamarlo Flipper. È cresciuto in Valtellina, in modo semiautonomo. Stava tutta la notte nel bosco, dove dormiva e cacciava. Andava a trovare altri abitanti del paesino, tutti lo adoravano.
Arrivava solo nel tardo pomeriggio, quando si tornava dal lavoro, e stava in casa solo fino a quando si andava a letto, poi voleva uscire.
Adorava giocare, saltare, correre. Poi si strusciava, si accoccolava addosso a Marisa, in effetti era il “suo” gatto, era lei che abitava con lui, io c’ero raramente, ma lo sentivo anche “mio”. Le faceva delle fusa meravigliose, poi si addormentava e ronfava placidamente. Non miagolava mai. Da adulto è diventato un gattone enorme, non ho mai più visto un gatto così grande, molto più calmo, affettuoso, stava più in casa, ma voleva lo stesso dormire nel bosco.
Dopo la morte di Marisa, Flipper è stato il mio migliore amico quando tornavo in Valtellina.
Avrei potuto avere dei figli, sicuramente avrei avuto e ricevuto affetto. Le circostanze non l’hanno permesso.
Però ho avuto Flipper e Flipper ha avuto me. È stato amato e ha amato.
È morto l’altro giorno, dopo una vita lunga, intensa, tra le braccia della signora Serenella, la vicina ” gattara” che l’ha accudito amorevolmente questo ultimo periodo, quando io non c’ero, e oramai era vecchio e malato. Ciao Flipper! Non ti scorderò mai!


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