Gabriella Poli – La Carta di Chivasso compie 80 anni ma non li dimostra. Il suo messaggio è quanto mai attuale e universale. Se ne è parlato ieri, sabato 10 marzo, in un partecipato forum via zoom, organizzato da Autonomie e Ambiente al quale era rappresentato anche il nostro gruppo “Alfieri dei Popoli”.

La dichiarazione dei rappresentanti delle regioni alpine, firmata in una riunione clandestina il 19 dicembre 1943, partendo da una durissima critica alle conseguenze politiche, culturali ed economiche che il regime dittatoriale fascista aveva sulle vallate alpine, postulava la realizzazione di un sistema politico federale e repubblicano. Le forti istanze autonomiste, incentrate su un federalismo a base cantonale o regionale, sottolineavano la rilevanza delle minoranze linguistiche e religiose. L’autonomia nel campo economico e sociale che veniva rivendicata era intesa come lo strumento col quale eliminare gli irredentismi e garantire un futuro di pace all’Europa.

Per queste sue caratteristiche, presenta molte affinità con il famoso Manifesto di Ventotene.

A redigere la Carta furono il notaio Émile Chanoux e l’avvocato Ernest Page dalla Valle d’Aosta, Osvaldo Coïsson e Gustavo Malan da Torre Pellice, Giorgio Peyronel e Mario Alberto Rollier rispettivamente dell’Università e del Politecnico di Milano. Chivasso fu scelta non tanto e non solo perché a metà strada tra i due territori alpini, ma soprattutto perché in loco risiedevano alcuni membri della famiglia Peyronel, disposti dunque a ospitare la pericolosa riunione clandestina.

La parola “federalismo” era alquanto inusuale all’epoca. Per i firmatari della Carta di Chivasso il termine indicava una formazione politica nuova, da applicare anche a livello sovranazionale europeo, al fine di garantire la nascita e la diffusione di sistemi democratici. In questo la Carta si agganciava al pensiero politico risorgimentale di Carlo Cattaneo.

La Carta di Chivasso testimonia il possibile incontro tra lingue e culture differenti, il dialogo sul quale costruire forme politiche rispettose delle differenze e delle peculiarità dei territori. In quest’ottica, nel pensiero dei firmatari, il federalismo e l’autonomia non sono da intendersi nei termini della ripartizione territoriale esclusivista, ma come confronto e scambio continuo con il quale costruire forme politiche nuove di pace e democrazia.

Appassionati gli interventi dei partecipanti al Forum di Autonomie e Ambiente, in rappresentanza di numerose sigle autonomiste e federaliste, quali Massimo Moretuzzo (Patto per l’Autonomia Friuli – Venezia Giulia), Mauro Vaiani (OraToscana, segreteria di AeA, coordinamento del Forum 2043), Silvia Fancello, “Lidia” (rappresentante EFA-ALE e referente AeA in Sardegna), Alfonso Nobile, “Alessandro” (Siciliani Liberi, vicepresidente di AeA), Claudia Zuncheddu (Sardigna Libera, attivista per l’autogoverno e per la salute in Sardegna, Forum 2043), Andrea Aquarone (autonomista ligure e animatore di “Che l’inse!”), Samuele Albonetti (Rumâgna Unida, già coordinatore del MAR), Gino Giammarino (editore e attivista per l’autogoverno a Napoli e nel Sud, Forum 2043), Alfredo Gatta (Pro Lombardia, vicepresidente di AeA), Milian Racca (Liberi Elettori Piemonte), Walter Pruner (autonomista trentino), Erik Lavevaz (Union Valdôtaine), Giovanna Casagrande (Sardegna possibile), Daniela Amato (Pays d’Aoste Souverain), Maria Luisa Stroppiana (Assemblada Occitana Valades). Conclusioni di Roberto Visentin (Patto per l’Autonomia Friuli – Venezia Giulia, vicepresidente EFA-ALE, presidente AeA).

Gabriella Poli (Alfieri dei Popoli)


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