



G.P. – Scrivere fa bene al cuore, all’anima e alla salute. Lo confermano medici e scienziati. Sia che si tratti di scrittura, creativa, terapeutica, di un diario o di un racconto, scrivere è salutare. Se ne è parlato il 14 giugno scorso alla giornata di chiusura dell’annata accademica 22-23 del Philò, il progetto di aggregazione femminile dell’assessorato al sociale di Peschiera del Garda alla presenza dell’assessore Daniela Florio e della educatrice sociale Erica. Oltre ai corsi di cucito, dietologia e nutrizione, cucina, tenuti da Dunja e Lisbeth, e dalle partecipanti sia italiane che straniere, che hanno avuto un grande successo, è stata lanciata, per il prossimo anno, l’idea di un corso di scrittura. Un corso dinamico, nel senso che si comincerà subito con la pratica. Alla presentazione, è stato scritto, con la collaborazione di tutte le presenti, un articolo sulle esperienze del Philò 22/23. Il prossimo anno accademico, se il corso di scrittura andrà in porto si potrebbero realizzare un opuscolo mensile cartaceo, un blog e un notiziario.
Di seguito la relazione di Gabriella Poli sulla scrittura che fa bene
LA SCRITTURA CHE FA BENE
La scrittura fa bene anche alla salute perché scrivendo e prima ancora parlando, quindi esprimendo
ciò che ci turba, si supera l’inibizione riacquistando la liberazione dal peso che ci opprime.
Nel momento in cui troviamo la parola o un concetto per esprimere un disagio qualcosa cambia.
Quest’azione incide sul nostro benessere anche fisico.
La scrittura quindi può essere considerata una terapia che guarisce i blocchi, le paure, ci aiuta ad
essere consapevoli di noi stessi. Naturalmente non è una terapia medica ma una cura dell’anima.
La scrittura come terapia
Quando la scrittura aiuta a trovare la consapevolezza di sé, permette di portare a galla quei pesi a
volte pesantissimi che ci teniamo dentro.
Ogni tipo di scrittura, anche quella creativa che usano gli scrittori di professione, porta allo stesso
risultato, un senso di liberazione.
Raccontando o raccontandosi (che è in parte la stessa cosa), ci si libera da quel senso di peso
ineluttabile che sembra affondare le nostre vite.
Scrivendo si è costretti a fare una serie di riflessioni e a spostare il peso sul foglio bianco e spesso si
trova anche la soluzione. E’ molto importante a volte affidarsi a un alter ego al quale far
interpretare, come sul palcoscenico, la nostra vita.
“Un ragazzo, per esempio, si raccontava attraverso l’immagine di un treno. Le vicende della
locomotiva rappresentavano la sua esistenza e quello che lui avrebbe voluto essere quando
raccontava di una corsa libera su rotaie lucenti attraverso verdi valli di montagna.
Costruitevi con cura un personaggio che vi rappresenti come se dovesse recitare la vostra parte in
una rappresentazione teatrale o in un film. Sentitevi liberi di dare a questo personaggio le
caratteristiche che ritenete, magari anche aspetti che non sentite vostri ma che avreste voluto
avere. E poi narrate la sua storia, i disagi, ciò che ha vissuto. Perché è utile? Perché questa
trasposizione letteraria ci permette di non sentirci troppo al centro dell’attenzione di noi stessi;
allevia il dolore perché è come se lo caricassimo sulle spalle di un’altra persona, come se non ci
appartenesse più del tutto e questo, è già un beneficio”.
I principali benefici della scrittura terapeutica
Scrive lo psichiatra Nicolò Terminio nel suo libro “Tradurre dal silenzio”: “L’inconscio contiene
quelle ragioni che a nostra insaputa orientano la nostra vita, le nostre relazioni e le nostre
ripetizioni”.
La scrittura diventa terapeutica perché ci porta proprio in questa dimensione inconscia aprendo
porte e lasciandoci guardare oltre. Possiamo praticarla tutti senza particolari abilità legate alla
lingua, alla conoscenza della grammatica.
Carta e penna, un luogo tranquillo (ma a volte anche affollato) vanno bene quando sentiamo il
bisogno di scrivere, di esprimerci.
Consigliata sempre la scrittura a mano. Poi si può passare al pc per raccogliere i testi scritti e
salvarli. Se no basta un’agenda, un quaderno, un diario… .
Il peso dei segreti sul sistema immunitario
Ci sono persone che da tanti anni trattengono un segreto che riguarda loro stesse o anche altre
persone. Questo atto non è senza conseguenze e incide sul nostro sistema immunitario.
I segreti pesano e tanto. Tutto quello che non è espresso resta nel nostro inconscio e lo condiziona.
Come insegna Jamie Pennebaker nel suo libro “Il potere della scrittura” – “… mantenere un
segreto genera una sorta di stress che agisce sulla salute, in particolare sul sistema immunitario ed
interferisce anche con il nostro sistema nervoso. Ansia e stress si riducono quando confessiamo un
segreto anche soltanto a parole, ancora di più quando scriviamo e lo possiamo leggere esterno a
noi, rivelato. Parlare, confessare hanno un effetto liberatorio incredibile. Del resto, la psicologia e
la psicanalisi ci insegnano come l’inibizione comprimere la nostra mente e di conseguenza il nostro
corpo generando una lunga serie di disturbi psicosomatici ma anche patologie molto più gravi”.
Come scrive lo stesso Pennebaker in un altro testo – “Scrivi cosa ti dice il cuore” – “La non
rivelazione dei nostri pensieri e sentimenti può essere nociva pr la salute. La loro espressione può
essere invece salutare”.
I benefici della confessione
La scrittura terapeutica riveste un ruolo molto importante e curativo e in modo particolare nella fase
iniziale del trattamento del trauma o del disagio.
Pennebaker, per un certo periodo con Josh Smyth, ha dedicato anni di studi a questo aspetto
della scrittura proprio nell’ottica di alleviare traumi e disagi, di portarli alla luce, di permettere alle
persone di riprendere a vivere. I conflitti psicologici sfociano spesso nella malattia: asma,
congestione, affanno, lievi forme di depressione sono legati a disagi mentali ed emozionali.
Gli studi di Harold Wolff – pioniere nel campo della medicina psicosomatica – a metà del XX
secolo furono dedicati al legame tra il conflitto psicologico e la salute.
Se ci sono segreti che non abbiamo mai rivelato ma siamo stanchi di portarli dentro di noi. Che cosa
possiamo fare se sentiamo che rivelarli potrebbe avere effetti dirompenti? Scriviamo: è la prima
cosa importante che possiamo fare. Poi decideremo che cosa fare dei nostri scritti. In molti casi
vengono eliminati, distrutti perché hanno già assolto la funzione di accogliere la confessione, lo
sfogo.
A volte si ha invece l’esigenza di lasciare testimonianza di fatti e verità e rivelazioni che tratteniamo
da troppo tempo dentro di noi. L’aspetto liberatorio della confessione – anche e soprattutto della
confessione scritta – è palpabile e porta immediato sollievo nella vita delle persone.
La scrittura terapeutica come abitudine quotidiana
In momenti di confusione, di dolore, di difficoltà ma anche quando abbiamo esigenza di stare con
noi stessi e conoscerci meglio dovremmo ricorrere alla scrittura terapeutica. Prendiamo l’abitudine
di dedicare alla scrittura terapeutica anche solo una decina di minuti al giorno. Al mattino, al
risveglio: registriamo il sentire e descriviamo anche come intendiamo approcciarci alla giornata che
ci attende, come agiremo in alcune situazioni.
Oppure possiamo dedicare alla scrittura dieci minuti serali, prima di dormire. Per fare un bilancio
del giorno trascorso e porre le basi per quello che verrà. Iniziate a scrivere quello che vi passa per la
testa, servirà ad attivare il cervello, la zona creativa.
Attenzione a non cadere in trappole come “ma io non so scrivere” “non conosco bene la
grammatica” “ho una brutta calligrafia”. Non state scrivendo per dare il vostro testo alle stampe. Lo
state facendo per il vostro benessere. Se scrivere invece è troppo gravoso iniziate raccontandovi a
voce alta quello che ancora non può trovare forma scritta. Poi la scrittura diventerà più semplice.
Scrittura arte terapeutica di supporto
Pennebaker aveva dimostrato come la scrittura avesse un beneficio sulla depressioni lievi. Molti
psicologi e analisti si avvalgono con i loro pazienti della scrittura. Di certo quando la persona fatica
ad esprimersi, a parlare perché è difficile raccontare un trauma, un disagio. La scrittura diventa
supporto e aiuto.
Sono ormai riconosciuti i grandi benefici della terapie naturali. Pensiamo agli effetti positivi della
Pet therapy (terapia “dolce”, basata sull’interazione uomo-animale) soprattutto sui bambini; oppure
alla Laughter therapy che si basa sugli effetti che la risata incondizionata ha sul nostro organismo.
Questi effetti sono stati provati e registrati anche dalla medicina convenzionale. Ma potremmo fare
un lungo elenco. La musica, per esempio o l’arte del disegno e della pittura. La scrittura, attraverso
la parola che esprime il pensiero profondo, ha il potere di arrivare davvero dentro di noi.
Come si pratica la scrittura terapeutica
Come si pratica la scrittura terapeutica in concreto?
Ci sono delle tecniche e delle modalità che ci possono venire in aiuto?
Di tecniche ne parla in modo scientifico Pennebaker parlando di scrittura espressiva. Teneva
numerosi laboratori spesso nelle università e raccoglieva dati che poi analizzava con l’aiuto e il
supporto di medici e scienziati. Dopo i primi esperimenti – come racconta nel libro “Il potere della
scrittura” – iniziò la collaborazione con la dottoressa Kiecolt-Glaser e il marito di lei, un
immunologo; entrambi lavoravano nella Ohio State University College of Medicine. Il risultato di
quelli esperimenti è che le persone che avevano scritto e descritto in dettaglio e in profondità i
traumi, i disagi, i dolori presentavano un miglioramento della funzione immunitaria.
Scrittura libera
La prima modalità è quella di scrivere in libertà.
Un primo livello di scrittura terapeutica può essere quella di raccontare a se stessi – in un diario, in
una lettera – come stiamo, che cosa percepiamo e perché crediamo di sentirci in un certo modo.
Il suggerimento è quello di scrivere tra i dieci e i venti minuti senza fermarsi, entrare nel flusso
della mente che trova una via d’uscita e permetterle di esprimersi senza gravarla di preoccupazioni
come la grammatica o il che cosa mai potremmo scrivere.
Non entrate con il pesante filtro della ragione. Si tratta di una scrittura vostra, intima, potete essere
autentici, onesti, sinceri.
Raccogliere i ricordi
Scrittura terapeutica è anche l’analisi del vissuto, la scrittura autobiografica.
Iniziare a raccogliere i ricordi, a tenere un diario, a ridisegnare la mappa della nostra vita, a fare un
passo indietro per rivedere il film che ci vede protagonisti.
Tutto questo ci prepara il terreno.
Per esempio, è utilissimo il lavoro di recupero delle fotografie andando a vedere in quali situazioni
eravamo, con chi, che momento stavamo vivendo, se siamo in posa oppure naturali; e se non ci
siamo noi nelle foto chi c’è e se per noi quella persona, quel gruppo, quel luogo sono stati
importanti.
Anche i luoghi hanno un loro ruolo: i luoghi in cui abbiamo abitato, quelli del cuore, altri che ci
ricordano momenti di dolori, posti di passaggio che però ci sono rimasti dentro.
La scrittura del problema
Altra scrittura molto utile è quella che possiamo praticare nel caso di problemi da affrontare.
Si inizia con la tecnica dei dieci minuti di scrittura senza fermarsi per descrivere il problema che ci
si ritrova davanti. Si identificano gli ostacoli principali e si analizzano uno per uno dedicando
ancora dieci minuti per punto, per problema. Poi si scrive che cosa si pensa davvero di questo
problema identificando le possibili soluzioni. Può essere che la soluzione, l’intuizione emerga
subito ma comunque s’innesca in genere il processo di pensiero che porterà ad individuare la
soluzione.
Utile ricordare le parole di Duccio Demetrio (Raccontarsi. L’autobiografia come cura di sé)
fondatore con Saverio Tutino dell’Università dell’Autobiografia di Anghiari: “Crediamo e ne
abbiamo ormai le prove, da quasi vent’anni, che la scrittura sia uno strumento anche di cura, uno
strumento terapeutico”.
Fonti:
web
bibliografia:
Duccio Demetrio “Raccontarsi. L’autobiografia come cura di sé”;
Jamie Pennebaker “Il potere della scrittura”;
Nicolò Terminio “Tradurre dal silenzio”
CHI E’ CHI dott.ssa Gabriella Poli
Giornalista professionista, dottorato internazionale in Tecniche della comunicazione, scrittrice,
consulente editoriale, autore di programmi radiofonici e televisivi.
Direttrice di Ars Artis Magazine http://www.arsartismagazine.com.
Ha lavorato, tra l’altro, per quotidiani e riviste nazionali, per le tre Reti Rai, a Venezia, Milano e
Ginevra, Mediaset, a Milano, e l’Agenzia Ansa a Venezia.
Ha diretto testate giornalistiche, radiofoniche e televisive.
Premio internazionale di giornalismo 2008 “Nodo d’amore”.
Iscritta all’ordine dei giornalisti professionisti, è socia fondatrice di alcune associazioni di
volontariato, tra cui “Sos Violenza Domestica” per la quale ha realizzato il sito
http://www.sosviolenzadomestica.com.
Autrice di “Parole sull’acqua” raccolta di racconti brevi e reportage di viaggio con la prefazione
straordinaria di Emanuele Viscuso.
Autrice del romanzo visionario “La sinfonia dell’isola”.
Coautrice dei libri editi da Rizzoli “100 isole” e “100 spiagge”.
Curatrice con lo storico dell’arte, Simone Bertelli, di cataloghi d’arte e restauro.
gabripoli@yahoo.it
http://www.arsartismagazine.com





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