Gabriella PoliMerano – La Fiat 600  coupé Vignale del 63 fa da ambasciatrice. Ci precede sulla statale 38, meravigliosa nella sua bruttezza non comune.
Attraverso l’inferriata di foglie d’acanto del balconcino liberty si intravvede il torrente, anzi, il fiume Passirio che scorre con una melodia incessante pochi metri più in là, oltre il giardino della pensione villa Westend. Un’antica e imperiale costruzione datata 1890. Tutto ciò che non ti aspetteresti da un hotel qui lo trovi. Mobili della nonna in legno massiccio, doppie finestre in legno, un bagno rimodernato stile 600 coupé Vignale.

Che ci facciamo qui? Cari amici di Lucio, Giulia e Giulio, gli hanno regalato un coupon per un pernottamento.

Dopo aver dato a balia Lucky, un pelosetto che ciuccia ancora il biberon, accudito i gattoni di casa, in giardino, si parte per un viaggio periglioso in autostrada 22, ricchissima di lavori in corso. Corsia unica e ciao… .
Il dépliant della pensione recita: “Benvenuti alla Villa Westend, hotel storico a Merano centro, dove cordialità, comfort e tranquillità sono di casa … ” e prosegue:”… Già nella hall si respira l’aria di tempi passati: stanze ampie, bellissimi pavimenti in parquet e mobili originali “art nouveau”. Antichi arredi della famosa manifattura tedesca “J & J Herrmann“.

Alla reception una giovane bella giapponese che alla richiesta metaforica di Lucio: “dove si può mangiare un tozzo di pane” (che naturalmente significava: c’è un ristorante qui vicino aperto a quest’ora?) si presenta con un piattino e un panino. Letterale.
Per non essere da meno Lucio raggiunge il vicino Aldi e compra speck e birra che consumiamo divertiti sul balconcino al suono fragoroso del Passirio. Panini all’Angiolino di datata memoria. Cioè “più affettato che pane” così come piaceva fare a un cugino di mamma Giuliana, Angiolino appunto, che durante i pic nic della mia infanzia accaparrava per sé gran parte dell’affettato di tutti con la giustificazione che “a lui piace così” e agli altri, poveracci, non restava che mangiare pane e pane.

Ma torniamo a Merano in un sabato di inizio luglio. Caldo afoso. In centro storico inizia a piovere. Meglio. Camminiamo sotto l’acqua che dà l’effetto di un aerosol rinfrescante. Ci sembra di essere a Sondrio. Ipotesi avvalorata dall’improvviso apparire di uno sportello della banca popolare di Sondrio. Le due città, così come tante altre situate alla stessa latitudine, sono simili perché entrambe in una valle tra le montagne.

Si cerca una birreria. C’è la Forst. Una Weiss da mezzo litro a testa, wurstel bianchi e costine. Strudel e gelato. Ci perdiamo nel centro e non ritroviamo più la strada dove abbiamo parcheggiato. Lucio inizia scompostamente a mostrare ai passanti il cellulare con la foto di un arco scattata vicino alla macchina. Si ferma un arabo in bici che finge di essere del posto ma non parla una parola di tedesco, né in italiano, e dopo un po’ di dialoghi interessanti tra lui e Lucio del tipo salam eleikum, schucra etc… cerca di prendergli il cellulare dalle mani con la scusa di individuare meglio l’arco con la macchina. All’improvviso un lampo di deja vu ci fa ritrovare la via verso la pensione albergo hotel Westend, proprio alla fine dell’ovest. Il “tirolese arabo” ci segue per un po’, poi molla la presa.

Dopo la notte fragorosa di Passirio, la colazione più buona di sempre, con specialità tirolesi, pane alle nocciole, marmellate artigianali, speck al coltello, yogurt, frutta e caffé. Ci buttiamo sul buffet come lupi, complici quali siamo. Il ritorno è ricco di inghippi. Per evitare la coda in autostrada suggerisco di usare la statale dove, un incidente ci fa perdere nei vicoli sempre più stretti di un paesino, anch’esso simile a Sondrio, a Merano e forse a tanti altri luoghi di montagna. Forse il detto “Il mondo è paese” significava in parte questo. Il Westend resterà per sempre un gioiello come la 600 coupé Vignale.


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