(Dal libro in pubblicazione “Ricordi di una reporter”)

Gabriella Poli – 50 anni sono tanti. Figurarsi se poi si tratta di un anniversario di matrimonio. Vuol dire che ne hai come minimo 70. E allora meglio non festeggiarlo anche perché il matrimonio, celebrato nel novembre del 1975, è “tramontato” da una quarantina d’anni. Però me lo ricordo molto bene. Lavoravo a Bresciaoggi dal 1974, anno di fondazione (altro cinquantesimo scaduto l’anno scorso), come articolista e archivista e lui, il mio bellissimo promesso, biondo, occhi di ghiaccio azzurrissimi, faceva l’arredatore per un famoso negozio di mobili a Brescia.

Studiavamo entrambi a Venezia, io a Ca’ Foscari, lettere e filosofia, lui alla facoltà di architettura. Come hobby faceva il cameramen a Telestudio Uno, la prima tv privata di Brescia dove io presentavo programmi e personaggi. Avevo 22 anni e lui 28. Ci sposammo in comune con pochi fronzoli. Allora c’era una specie di rivoluzione contro le tradizioni. Inoltre i miei non approvavano e quindi mi dovetti arrangiare da sola per il vestito, il ristoro. Non ricordo nemmeno dove andammo a pranzo. Alcuni parenti mi guardavano, indagatori, per scoprire se fossi incinta, come forse era capitato a loro (mio figlio invece nacque nel 79, dopo quattro anni).
Il mio futuro marito arrivò in ritardo con il suo cane al guinzaglio, una bellissima cocker color champagne. Ricordo gli sguardi di disapprovazione di tutti ma a me non importava. Sognavo ancora a occhi aperti.
La nostra prima casa era in via della Volta, vicino al sottopasso sopra il quale sferragliava la ferrovia. C’era un piccolo giardino ed era vicino al giornale. Mio marito invece aveva trovato lavoro come direttore di una ditta bresciana che aveva aperto un grande negozio di arredamento tessile a Peschiera del Garda.
Come finì in breve? Lasciai il giornale mi trasferii a Peschiera, collaborai in negozio, nacque il bambino, comprammo una casa in collina e poi, dopo dieci anni, finì davvero tutto.
Ricominciai a scrivere prima per Bresciaoggi, poi mi chiamò L’Arena di Verona, poi l’agenzia d’informazione Ansa, poi la Rai di Venezia, poi quella di Ginevra, poi quella di Milano, Roma … Ma questa è un’altra storia.









(tratto dal libro in pubblicazione “Ricordi di una reporter”)




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