Gabriella Poli – Broglie – Il papavero occupa tutta l’enorme tela e spicca rosseggiante sul bianco dello sfondo. “Quello lo devo ancora dipingere” – dice la cameriera mentre rassetta la sala del ristorante “Le Veline” di Broglie, che a poco a poco si svuota. Gli avventori hanno appena concluso il pasto di mezzogiorno della festa e le ragazze si affaticano a pulire e ripreparare i tavoli per la cena. Lei si affretta a riordinare tutto ma intanto sogna il suo ultimo quadro del quale deve ancora dipingere lo sfondo. “Lo farò bianco ma dipinto ad olio non lascio la semplice tela”.
E’ un’artista ed è anche una madonnara, che ad ogni ferragosto si sbuccia le ginocchia e le dita per disegnare con gessetti e pastelli il piazzale delle Grazie di Curtatone (Mantova), dove ogni anno si svolge il festival internazionale dei Madonnari. E’ una di quelle toste che si spaccano la schiena sul cemento e sulle pietre per dare al mondo una testimonianza del loro passaggio. Effimera certo, perché una anche debole pioggia può cancellare la fatica, ma lo stesso piena di significato perché è una forma d’arte estemporanea sempre in divenire. Perché si fa su una piazza simbolo di “fede, speranza e carità”, perché si vive in gruppo, perché è un arte che si fa ammirare mentre appare mano a mano che esce dal suo creatore. In questo caso dalla sua creatrice. Alcune persone non sono mai solo quello che appare di loro. In questo caso la cameriera non è altro che un’artista a tutto campo. Non deve ingannare la sua figura esile perché è capace di disegnare con vigore, inginocchiata sul cemento di una piazza, sotto il sole di ferragosto, un’opera immensa che commuove lo spettatore e lo avvicina al cielo.



“I Madonnari sono gli artisti di strada italiani per antonomasia, perché incarnano molto della nostra cultura: la loro arte è antica e intrisa di storia, il loro soggetto – tradizionalmente religioso – è un simbolo di quel patrimonio cristiano-cattolico che ha influenzato così tanto l’arte e il pensiero del nostro Paese nel corso dei secoli. – scrive la giornalista Francesca Bezzone sul giornale l’Italo Americano -. “… Le fonti dicono che la storia dei Madonnari inizi nel XVI secolo, durante il Rinascimento, quando artisti specializzati viaggiavano di città in città e aiutavano a sviluppare le facciate e gli interni degli edifici disegnando potenziali immagini e decorazioni sul terreno, dove c’era abbastanza spazio per presentare accuratamente le loro idee. Molto probabilmente i primi Madonnari lavoravano nell’Italia centrale”.
“… Questi primi Madonnari erano artisti itineranti, che si spostavano di città in città, seguendo il ritmo stagionale delle feste religiose tradizionali, quando la loro arte sarebbe stata apprezzata da più persone e la probabilità di ricevere qualche moneta per il loro sforzo era maggiore. Venivano paragonati da molti agli iconografi bizantini che, dal tardo Medioevo, riproducevano famose immagini sacre, usando colori semplici e materiali locali”.
La maggior parte dei Madonnari del passato è rimasta anonima e nulla è sopravvissuto del loro lavoro. Eppure, ci sono alcuni nomi importanti che hanno iniziato come Madonnari, come El Greco, immenso artista del Rinascimento spagnolo.
I Madonnari sono spesso considerati artisti poveri, eppure incarnano la continuità con il passato, e il senso stesso dell’essere artisti: vivere e respirare arte e solo arte, stando consapevolmente e felicemente lontani dal carrozzone commerciale.
In Italia esiste addirittura una scuola: la Scuola Napoletana dei Madonnari, nata con lo scopo di mantenere viva e trasmettere la tradizione della pittura ex tempore, della creazione artistica “in divenire”. La scuola è stata fondata nel 2006 da Gennaro Troia, che si è dato da fare per portare l’arte dei Madonnari anche nelle accademie d’arte e nelle scuole. Sono circa 60 gli artisti coinvolti nei progetti della Scuola Napoletana dei Madonnari, che operano sia in Italia che all’estero: il loro scopo è anche quello di far conoscere il valore artistico intrinseco del loro lavoro, spesso considerato “illegale”, proprio come quello dei graffitari. Eccezione fatta per Napoli, dove un regolamento comunale del 2014 include i Madonnari nella categoria degli artisti di strada, il che significa che possono lavorare senza paura di essere multati.
L’arte madonnara moderna non è più solo associata alla religione e alla spiritualità, ma comprende una varietà di temi e tecniche. Gennaro Troia, fondatore della Scuola Napoletana dei Madonnari è, per esempio, conosciuto a livello internazionale per la pittura artistica in 3D, uno stile che utilizza il tromp l’oeil, tecnica conosciuta e usata già nel Rinascimento, per creare l’illusione ottica della profondità, della distanza e della forma.
L’arte dei Madonnari non appartiene solo al Belpaese: se i Madonnari originali, si collocano nell’Italia rinascimentale, l’idea moderna di street painting è probabilmente più associata alla Gran Bretagna, dove gli artisti di strada sono stati popolari e comuni dalla fine del XIX secolo. In quegli anni, circa 500 artisti a Londra vivevano di street painting, e qualche anno dopo, nel 1906, ebbe luogo in città il primo festival di street painting.
In tempi più recenti, i Madonnari si sono legati ad altre forme di espressione artistica, tra cui la moda. Nel 2016, Dolce & Gabbana ha fatto lavorare diversi Madonnari davanti alle boutique in giro per l’Italia e il mondo per lanciare collezioni e dare visibilità a quella che considera un’importante rappresentazione artistica del nostro Paese.
Madonnari e street painting anche in altre parti del mondo, con festival che si tengono ogni anno a Santa Barbara in California, a Lake Worth in Florida e a Monterrey in Messico.
Fonti: L’Italo americano
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