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La Sinfonia 5. Il sigillo dei cavalieri

Gabriella Poli – Quegli accordi musicali giungevano anche da est, in particolare dalla zona valeggiana di Borghetto, dove il placido Mincio di Virgilio scatenava le sue rapide sotto il ponte visconteo. Proprio lì nel XII secolo era sorto il monastero di Santa Maria che sarebbe diventato precettoria dell’ordine dei cavalieri Templari. La Chiesa di Borghetto era una meta fissa, nelle solitarie giornate invernali per Bea che si ricaricava di un’energia nuova e catturava, tra il fragore del fiume, le solite misteriose note. Proprio da questi luoghi, tra l’altro, aveva tratto ispirazione l’amico Alberto1, un grande artista, scultore, medaglista e intagliatore di pietre preziose che vi aveva ambientato una leggenda medievale. Una sorta di Giulietta e Romeo del fiume.

Era la storia d’amore tra la ninfa Silvia e il condottiero Malco che una notte, per fuggire alle insidie del mondo e potersi amare per sempre, si erano gettati nel fiume, scomparendo nella terra di mezzo e lasciando in ricordo, annodato ai rami di una quercia, un velo d’oro. Da allora denominato “nodo d’amore” il velo di Silvia era divenuto ben presto il simbolo spirituale e prosaico della cittadina, perché le donne del posto vi si erano ispirate per confezionare una deliziosa pasta ripiena ormai famosa in tutto il mondo. Beatrice era interessata ad alcuni scritti del magistrale orafo, tra l’altro, appassionato studioso del segreto del cerchio di Giotto, delle geometrie sacre e della tetractys, che parlavano di un antico gioiello scaligero a forma di stella, al quale la donna pensava si potesse riferire, in qualche modo, l’accordo musicale che risuonava nella sua testa. Quasi che il misterioso gioiello, rinvenuto nel 1938 nel sotterraneo di una dimora veronese, fosse un sigillo “musicale” dal significato esoterico. La stella preziosa2 era realizzata in oro puro, perle e rubino, secondo le tecniche orafe del Trecento, le stesse impiegate nella Pala d’oro di Venezia. Il gioiello, ospitato nel Museo di Castelvecchio, era stato esaminato dall’orafo veneziano soprattutto nella sua valenza di sigillo “ermetico” rilevando che alla geometria della sua struttura si potevano ricondurre tutte le arti di quel tempo. Come sostenevano gli studiosi «Il preciso teorema geometrico fondato nel cerchio chiariva le origini del manufatto». C’erano inoltre altre realizzazioni che si richiamavano alla formulazione concettuale del gioiello-stella come il pendente effigiato da Tommaso da Modena al collo del “San Giorgio”, nel castello di Karlstein, e la stella dipinta da Giotto nella “Madonna di Ognissanti”. La stella, con 245 gemme incastonate tra perle, rubini, balasci e smeraldi, vista in posizione astrologica poteva essere un cosmogramma per la lettura delle mappe astrologiche. Lo studio del progetto geometrico della stella di Tommaso da Modena, nella tela dedicata a San Giorgio nel secolo XIV, riproponeva lo stesso procedimento ideativo di quella scaligera. Le due stelle infine, sovrapposte, confermavano per entrambe l’impiego dell’antica formula della tetraktys. Alberto, ne «Il segreto dell’O di Giotto» sosteneva che l’artista elaborasse alcuni particolari dei suoi dipinti attraverso formule di ispirazione pitagorica. Lo studio si inoltrava nelle cognizioni della scienza medievale, intrise di numerologia, matematica, geometria, simbolismo e filosofia. Per i medievisti la O non era una lettera ma un cerchio dentro al quale si racchiude tutto l’universo dell’antico sapere. «Anche la stella di Giotto – affermava il maestro – era elaborata secondo gli stessi rapporti geometrico-matematici individuati in quella di età scaligera». Pertanto lo studioso ne prospettava una lettura in chiave simbolica: la composizione era, infatti, fondata sul cerchio che genera una serie di figure geometriche interpretabili come simboli ispirati al pensiero filosofico-religioso prevalente nell’epoca. In un pomeriggio assolato tra i vicoli attorno al Museo della Fondazione Miniscalchi Erizzo, dove il maestro esponeva le opere più significative della sua produzione, Bea gli parlò delle suggestioni musicali che udiva da tempo e di un sigillo a forma di stella che era conservato nel castello di Chambray, sull’isola di Gozo.

1Alberto Zucchetta, studioso dell’arte applicata alla gioielleria medievale e autore, tra l’altro, de Il segreto della O di Giotto.

2Quest’arte così difficile. Alberto Zucchetta intagliator di gioie. A cura di Lionello Puppi

(La Sinfonia 5 continua)

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