Gabriella Poli – L’ottava di Sìcilo stava per risuonare nuovamente nella baia in attesa di altre note da assemblare affinché l’armonia si completasse. Viaggiava da molti secoli, da quando era “sfuggita” alla pietra tombale su cui era incisa nell’altipiano dell’Asia Minore, sulla scogliera di Tralles, in onore del nobile defunto. L’antico epitaffio musicale1, risalente al II secolo avanti Cristo, era stato composto dal primo musicista di cui la storia avesse notizia.
Era giunto a noi solo un frammento di una grandiosa partitura. Ma quel frammento bastava ad evocare scenari di natura in tumulto con un canto che imitava il vento e il mare in tempesta in un ultimo sussulto della vita che se ne andava. La natura cantava vibrando il suo doloroso contrappunto in una smisurata dilatazione cosmica. I Cavalieri conoscevano molto bene quella musica che non era triste, anzi. Ricordava le statue della Grecia arcaica, con i colori brillanti e il sorriso gioioso, prima che il concetto classico cancellasse con il bianco e l’espressione impersonale quell’umanità ineffabile. Ogni anno nella notte tra il 31 luglio e il primo agosto eseguivano, con 12 confratelli giunti da ogni parte del mondo, la sinfonia ispirata dal frammento della partitura. Il suono primo, l’alba dell’opera ellenica era la grancassa che batteva “il più piano possibile”. Poi piatti, timpani e tam tam insieme al vento rivelavano l’aurora della musica, con il flauto che riempiva il vuoto cosmico dell’inizio e animava il ritmo degli archi, suonati col legno, e l’arpa. La sinfonia si concludeva grandiosamente con l’ondata dei fiati con flauti, oboe e ottavino rivolti al sole che sorge. L’esecuzione inglobava tutti gli elementi della natura circostante chiamata a collaborare. Il vento insinuava il soffio che anima il ritmo delle fronde degli alberi battenti sul legno dei loro tronchi. Poi ancora il fragore del mare entrava negli anfratti delle grotte rivolgendosi anch’esso al sole nascente. La partitura si gonfiava nel vento di quell’alba lontana che batteva la pietra tombale di Sìcilo e, dalla scogliera di Tralles, arrivava alla baia del drago proprio sotto il castello dei Cavalieri di Chambray. Il tributo annuale di musica dei Cavalieri scatenava in quella particolare notte una tempesta cosmica che alimentava la protezione di Rok, l’isolotto di cui erano custodi. La sinfonia diretta dall’evocato maestro Norbert era silenziosa e udibile solo dagli iniziati. Per tutti gli altri sarebbe stato come vedere orchestrali agitare strumenti muti. Nella mattina del dodicesimo giorno dopo il concerto era possibile approdare all’isolotto e fare il cambio del guardiano che si sarebbe fermato dodici mesi, fino all’agosto successivo. Rok avrebbe aperto fino allo scoccare del mezzogiorno la sua cortina di nubi e accolto il viaggiatore che sapientemente l’aveva raggiunta per il cambio della guardia. I guardiani dell’isola erano sempre stati confratelli prescelti dal consesso dei Cavalieri. Ma questa volta Mike, esperto traghettatore del guardiano sull’isolotto, non avrebbe accompagnato il solito confratello. La confraternita, nei secoli, aveva assottigliato le sue fila. Inoltre, negli ultimi quarant’anni, nessun discepolo era stato avviato all’insegnamento delle antiche arti. Dopo tentativi vani di individuare un prescelto, Francesco e Mike avevano visto nel piccolo Norby, al suo sbarco dal traghetto con il papà David, quello che cercavano. La prova finale che la loro intuizione fosse corretta erano la data e l’ora della nascita del bimbo, coincidenti con giorno, mese e attimo in cui il loro precettore aveva lasciato le spoglie mortali, nove anni prima.
1Liberamente tratto dal Libretto del concerto del 16 giugno 2007 di Ennio Morricone alla Villa Reale di Monza a cura della Regione Lombardia
(continua La Sinfonia 8)
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