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La Sinfonia 9. L’isola magnetica

Gabriella Poli – L’isolotto di Rok, un lembo di terra apparentemente ostile, rifiutava all’uomo qualsiasi approdo ed era considerato un luogo maledetto. Nessuno degli isolani vi si accostava da molto tempo, un centinaio di anni almeno, dopo le numerose disgrazie che, in passato, erano toccate a coloro che avevano osato avvicinarsi. Molti temerari si erano infatti avventurati verso quella piccola e invisibile terra emersa sempre avvolta nella foschia sotto la quale, però, qualcuno aveva scorto una energia straordinaria e una vivida luce policroma.

Le leggende dei vecchi gozitani narravano della fine raccapricciante di chi si era accostato all’isolotto anche soltanto per pochi minuti. Molti erano scomparsi nei vortici delle tempeste magnetiche che li avevano attirati sul fondo del mare e mai restituiti alle loro case. I pochissimi sopravvissuti erano ritornati all’isola madre incanutiti, invecchiati di colpo di 50 anni e completamente folli. Tanto che, dopo pochi giorni, erano morti in preda a incubi spaventosi. Nessuno di loro era comunque riuscito a raccontare della paura vissuta né a dare ragguagli sulla situazione, così la popolazione locale aveva deciso semplicemente di ignorare l’isolotto di nebbia e di non raccontare a nessuno, soprattutto agli stranieri dell’esistenza della terra emersa che stava oltre la scia della Baia del drago. David, che lavorava come ingegnere nucleare presso una centrale atomica del suo Paese, era arrivato a Gozo dal Regno Unito spinto da un desiderio di rinnovamento dopo che la mamma di Norby era improvvisamente morta per una rarissima infezione virale. Era stato un fulmine a ciel sereno che lo aveva colto di sorpresa e aveva scosso la sua vita abitudinaria. La nuova situazione in cui si era trovato all’improvviso lo aveva fatto riflettere sui propri limiti. Si era analizzato a lungo concludendo che fino ad allora era stato troppo codardo e pigro e soffocato i quesiti e l’energia dei primi anni giovanili in un vivere quotidiano comodo quanto banale. Inoltre, si sentiva in colpa per aver utilizzato le proprie conoscenze scientifiche in campo energetico e nucleare per scopi commerciali e niente affatto rivolti al bene comune, alla salvaguardia del pianeta e dei suoi abitanti. Sentiva di dover applicare certe sue intuizioni e teorie a scopi ben diversi da quelli che spingevano le nazioni a produrre energia nucleare. Deciso a porre rimedio all’indolenza che lo aveva accompagnato per tutti quegli anni e soprattutto per reagire prontamente alla grave perdita che aveva colpito lui e Norby si era scosso dal torpore e, dopo aver chiesto un lungo periodo di aspettativa dalla sua azienda, una mattina, aveva preso con sé il bambino per trasferirsi sull’isola del Mediterraneo in attesa di un segno sulla strada da prendere. Quel segno era arrivato sulla terrazza del Bar del porto di Mgar dove padre e figlio, appena sbarcati, si erano imbattuti in Mike e Francesco (vigili, in attesa del loro discepolo) che avevano parlato loro dell’isola magnetica. I due Cavalieri si erano avvicinati a David che, animato da una istintiva simpatia, non aveva avuto difficoltà a legare, e avevano cominciato a narrargli delle leggende dell’isola reputandolo degno di scoprirne le leggi che regolavano il suo equilibrio offrendosi di accompagnarlo per un periodo di riflessione e con l’incarico di guardiano. Nel frattempo loro si sarebbero occupati dell’educazione di Norby. David, evidentemente attirato sull’isola da menti superiori, ultimamente si interrogava sul significato profondo delle origini e, quando i biondi e barbuti guardiani del castello gli avevano parlato, quella mattina, dell’isolotto magnetico, non gli era sembrato vero di potersi ritirare solitario per un periodo di riflessione e, nello stesso tempo, di poter scoprire in mezzo agli elementi naturali le sue origini e il suo destino. Era convinto che nell’isola magnetica, alla quale nessun uomo comune era, fino ad allora, riuscito ad accostarsi, pena la morte o la follia, risiedeva la risposta. Rok attendeva qualcuno dalla mente pronta ad accogliere i suoi segnali per aprirsi benevola alla rivelazione.

(La Sinfonia 9. continua)

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